IL CROMO E IL SUO RUOLO NELL’OMEOSTASI GLICEMICA

Il Cromo è un metallo comune in natura di colore grigiastro la cui accettazione internazionale come nutriente essenziale è ancora oggi motivo di dibattito per alcuni (1). Il Cromo può esistere in diverse forme chimiche tra le quali quella che da sempre è motivo di interesse è la Cr(III), quella biologicamente più attiva. La presenza di questo elemento nel cibo, cosi come la sua supplementazione ad alti dosaggi non presentano problemi di tossicità (2). Altre forme chimiche del Cromo invece come il Cr(VI) derivanti da prodotti della lavorazione industriale hanno mostrato forti attività cancerogene.

L’interesse per questo elemento da sempre si rifà ad un suo possibile ruolo nel migliorare la tolleranza al glucosio e la risposta insulinica specie in paziente affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2. Un famoso studio pioneristico del 1959 (3)riporta proprio per il Cromo un effetto biologico denominato GTF ovvero glucose tolerance factor. Nel corso degli anni questa terminologia si è vista non essere del tutto corretta e recentemente si è compreso invece che il Cr svolge delle azioni biologiche legate al funzionamento dell’ormone insulina. In particolare si pensa che il legame del Cr al recettore per l’insulina stimolerebbe l’attività tirosin-chinasica dando vita agli effetti dell’ormone stesso.

CROMO 1

 

Da dire inoltre c’è che il Cr(III) è assorbito in scarsa quantità a livello intestinale e che esso (l’assorbimento) è migliore quando il carboidrato alimentare presente è l’amido piuttosto che glucosio ,saccarosio o fruttosio.

Ad oggi la letteratura scientifica si pone con un certo grado di scetticismo circa l’utilizzo del Cromo come supplemento nei soggetti diabetici o con diminuita tolleranza al glucosio.  Questo studio (4) del 2015 conclude dicendo che la supplementazione di Cr con del lievito di birra potrebbe avere effetti marginali nell’abbassare i livelli di glucosio a digiuno nei pazienti con diabete di tipo 2 se comparati con un placebo mentre non mostra alcun vantaggio ad esempio sui livelli di emoglobina glicata. Questa review del 2014 (5) mostra come ci sia del razionale circa la supplementazione di Cr nel controllo glicemico in pazienti diabetici, in modo particolare con la forma picolinata del Cromo a dosaggi superiori i 200 microgrammi al giorno, senza evidenze di effetti avversi se confrontati con un placebo. Lo studio mostra anche un miglioramento del profilo lipidico ( trigliceridi e HDL)

Di contro però questa review del 2013 (6) conclude con l’assenza di effetti positivi circa l’utilizzo del Cr per ciò che riguarda emoglobina glicata, BMI (indice di massa corporea) e profilo lipidico (colesterolo totale- HDL-LDL-trigliceridi e VLDL-C), cosi come questo studio del 2011 (7) che afferma come non ci siano apparenti miglioramenti nell’insulino resistenza o nel metabolismo del glucosio in pazienti a rischio di diabete di tipo 2 con una supplementazione di cromo. In ultimo questo studio del 2005 (8) pubblicato sull’American Diabetes  Association che riporta alcun vantaggio derivante dall’utilizzo di Cromo nel miglioramento della tolleranza al Glucosio, sensibilità all’insulina e profilo lipidico.

 

Come si nota, gli studi seppur presenti sono come sempre contradditori. Ad oggi riassumendo ciò che rimane certo è il ruolo biochimico del Cromo nel meccanismo di funzionamento dell’insulina anche se i dati sugli effetti biologici e i bisogni di tale elemento sono molto scarsi.

 

 

 

FONTI:

  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23095360
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12126463
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14444068/
  4. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25971249
  5. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24635480
  6. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23683609
  7. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20634174
  8. http://care.diabetesjournals.org/content/28/3/712.long
  9. “Le basi molecolari della nutrizione” Arienti

LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE (IBS) E IL RUOLO DEL CIBO

La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo del tratto gastrointestinale associato a dolore addominale e alterazione dell’alveo intestinale.

La classificazione dell’IBS viene fatta sulla base della forma delle feci in

  • IBS con costipazione
  • IBS con diarrea
  • IBS misto

E un 4 tipo di IBS definibile come sottotipo.

Questa sindrome è estremamente presente nel mondo industrializzato occidentale e seppur con l’assenza di reali marker per l’identificazione, si stima che la prevalenza sia nell’ordine del 10-15%; Il che ne fa uno dei disturbi del tratto gastrointestinale più frequenti.

La patogenesi è ancora poco chiara ma alcuni fattori sono stati identificati come papabili protagonisti e responsabili nel determinare la sua presenza nell’uomo. Tra questi giocano un ruolo l’asse “ brain-gut” ovvero cervello-intestino, fattori psico-sociali, fattori genetici e un’alterata funzionalità della barriera intestinale con modifiche al microbiota.

In tutta questa incertezza, ciò che sembra invece assodato è che il cibo giochi un ruolo decisivo nell’IBS, tanto che circa un 60% di coloro che sono affetti da IBS lamentano peggioramento dei sintomi dopo un pasto in un tempo stimato tra i 15 minuti e le 3 ore. Questo porta i soggetti ad avviare una ricerca diretta all’identificazione di quei cibi “non tollerati”. Il 62% dei pazienti con IBS limita o esclude autonomamente cibi dalla loro dieta. Per questo, le raccomandazioni dietetiche date a coloro che sono affetti da FGIDs ovvero “functional gastrointestinal disorders , sono basate molto più sull’empirismo che su linee guida certe e approvate.

Il cibo è un melting pot di nutrienti, la cui ingestione attiva una complessa risposta da parte del tratto gastrointestinale. Questa complessità spiega come sia realmente difficile identificare un singolo cibo come responsabile della sintomatologia dell’IBS.

3 maccanismi sono stati proposti da Gibson per spiegare l’interazione cibo-IBS.

  • Via “immune activation” ovvero una ipersensibilità al cibo.
  • Via “direct action of bioactive molecole” ovvero la biochimica del cibo.
  • Via “luminal distension”

VIA “IMMUNE ACTIVATION”

Il termine “allergia al cibo” è usata tipicamente per descrivere una risposta avversa al cibo su base immune basata su meccanismi immunopatologici mediati o non mediati da IgE.

La tabella seguente mostra quelle che sono le reazioni tipiche delle allergie mediate da IgE.

 

ige

Come si nota,sono raramente effetti riportati da soggetti affetti da IBS. Possiamo quindi dire che sebbene la “food hypersensitivity” gioca un ruolo nella patogenesi dell’IBS il suo ruolo certo rimane assolutamente controverso.

Esiste, o meglio è stata proposta dopo osservazione relativa ad alcuni studi, una nicchia di reazioni appartenenti sempre alla categoria dell’ ipersensibilità al cibo definita come “FAT HYPERSENSITIVITY”. Alcuni soggetti affetti da IBS dopo ingestione di grassi riportano l’inizio di sintomi gastrointestinali anormali.

 

VIA “DIRECT ACTION OF BIOACTIVE MOLECOLE”

L’esempio classico che viene riportato per spiegare questa tipologia di meccanismo è relativo alla reazione ai salicilati. Queste sostanze, presenti in molti cibi a concentrazioni differenti, sono in grado di causare una abnorme produzione di leucotrieni, inibendo le ciclo ossigenasi in maniera molti più marcata nei soggetti affetti da IBS rispetto a quelli sani.

Le tipiche manifestazioni cliniche comprendono ovviamente sintomi gastrointestinali come dolore addominale, meteorismo, colite e diarrea.

 

VIA “LUMINAL DISTENSION”

L’attività della lattasi inizia fisiologicamente a diminuire dopo i primi mesi di vita nei mammiferi e negli umani circa il 70% degli adulti sperimenta un decremento di tale enzima. Che cosa accade dunque? Il lattosio non viene idrolizzato e assorbito nel piccolo intestino , ma passa cosi com’è nel colon dove i batteri fermentanti producono gas e acidi grassi a catena corta che producono sintomi simili a quelli dell’IBS. Ad ogni modo la presenza di questa intolleranza al lattosio è simile nei soggetti sani rispetto a quelli con IBS, tanto che questa sensazione di mal tolleranza non può essere usata come criterio per identificare una vera e propria “ intolleranza al lattosio”. Molto probabilmente quindi sono dei componenti specifici del latte a giocare un ruolo nell’IBS, piuttosto che un decremento della lattasi. L’unica via resta quella di limitare/eliminare prodotti lattiero caseari dalla dieta.

Altre sostanze in gradi di scatenare problematiche intestinali sono i cosi detti FODMAPs acronimo di “fermentable oligosaccarides, disaccharides, monosaccharides and polyols. Queste sostanze limitatamente assorbite e dotate di potere osmotico arrivano all’intestino, richiamano acqua e inducono produzione di gas grazie alla fermentazione operata dai microorganismi qui residenti. I sintomi al tratto gastrointestinali sono gli stessi visti fino ad ora nei pazienti con IBS. Ad oggi una dieta a basso contenuto di FODMAPs rimane una delle migliori strategie nella cura all’IBS. Per le prime 6-8 settimane si eliminano dal programma dietetico tutti i cibi sospetti di provocare sintomi al GI. A poco a poco si reintroducono alcuni cibi per testare la tolleranza individuale fino ad identificare quali cibi realmente siano i responsabili dei sintomi di malessere gastrointestinali. La diarrea osmotica risulta anche da un largo consumo di polialcoli come xylitolo, mannitolo, maltitolo, lactitolo e isomaltosio per cui esiste una certa quota individuale di tolleranza e sicurezza. Questi zuccheri sono usati in tutte quelle bevande dolci a basso contenuto calorico. Tipicamente infatti chi ne fa un largo uso sperimenta poi problemi al tratto gastro intestinale, gonfiore e diarrea.

Come poi non menzionare il glutine? La letteratura scientifica ha ipotizzato l’esistenza di un sottogruppo di individui affetti da IBS con una “ undiagnosed non celiac gluten sensitivity” i quali si crede rispondano bene dall’eliminazione del glutine dalla loro dieta. Da studi effettuati per sondare tale relazione però, si è visto come non ci siano evidenze circa il fatto che il glutine induca sintomi gastrointestinali nei soggetti non affetti da celiachia. Molto probabilmente la spiegazione risiede nel fatto che gli stessi alimenti che contengono il glutine sono altamente fermentabili, poco assorbibili e la produzione di acidi grassi a catena corta produrrebbe gli stessi sintomi dell’IBS.

Menzione particolare spetta poi al microbiota. Oggi sappiamo come la nutrizione possa realmente modificare l’ambiente batterico interno. Recentemente infatti è stato proposto un ruolo determinante del microbiota nell’eziopatogenesi dell’IBS.

CONCLUSIONI

Per concludere e riassumere quindi abbiamo visto come il cibo sia davvero in grado di avviare i meccanismo di innesco dell’IBS. Tutto ciò legato a 3 modi principali di agire:  ipersensibilità al cibo, presenza di molecole biologicamente attive nei cibi e distensione del lume intestinale. Oltre a questo come si sa ormai il microbiota gioca davvero un ruolo cruciale. Negli ultimi anni poi l’attenzione si è spostata ai cibi contenenti FODMAPs i quali potrebbero accentuare o addirittura provocare essi stessi la genesi di IBS.

Ciò che ancora manca in realtà è una terapia dal funzionamento certo per alleviare e curare in maniera definitiva i sintomi dell’IBS.

 

Fonti:

  • World J Gastroenterol 2014 July 21; 20(27): 8837-8845 ISSN 1007-9327 (print) ISSN 2219-2840
  • https://www.hindawi.com/journals/ijd/2016/5967907/

 

L’IMPORTANZA DEL TRATTO GASTROINTESTINALE (GUT) NEGLI ATLETI.

Il tratto gastrointestinale gioca un ruolo decisivo e critico per gli atleti, soprattutto quando impegnati in sport di lunga durata. Questo risulta ancor più evidente se si valuta l’elevata incidenza dei problemi al tratto gastrointestinale incorsi durante queste manifestazioni sportive.(1)

Gli atleti spesso, tendono a sottostimare l’importanza di questo organo (1) che invece gioca un ruolo da protagonista per l’assorbimento di carboidrati e fluidi. Sappiamo che la supplementazione esogena di queste due sostanze è per molti versi fondamentale durante competizioni di lunga durata, specie dopo le 2 ore di esercizio fisico continuativo.(2)(3)

Per sport di durata intorno alle 1-2 ore l’assunzione di circa 30 gr di carboidrati l’ora sembra essere sufficiente per apportare benefici significativi alla performance. Con l’aumentare della durata la raccomandazione è quella di portare l’intake di glucidi intorno ai 60 g/h e, superando tale tempo, arrivare addirittura fino ai 90 g/h.(3) (Fig 1)

 

figura 6

Fig 1 Assunzioni glucidiche raccomandate in base alla durata della performance sportiva

 

GLUT E ASSORBIMENTO DEGLI ZUCCHERI

 

Una volta avvenuto lo svuotamento dello stomaco, l’assorbimento della maggior parte dei fluidi e degli zuccheri è completato a livello del duodeno e del digiuno. Qui glucosio e galattosio vengono trasportati attraverso la membrana luminale degli enterociti per mezzo di quelli che definiamo SGLT-1.(4) Il loro ingresso, è mediato dal co-trasporto con il sodio, di conseguenza la presenza di pompe sodio/potassio presenti sulla membrana basolaterale dell’enterocita ha il compito di mantenere costante questo gradiente elettrochimico. Il fruttosio utilizza invece un trasportatore differente, definito GLUT 5 non associato al co-trasporto con il sodio. Una volta entrati nell’enterocita, glucosio e fruttosio per arrivare alla circolazione sistemica utilizzano un ulteriore trasportatore chiamato GLUT 2 anch’esso non sodio dipendente.(4) (Fig 2)

figura 1

Fig 2 Schema di assorbimento del glucosio e del fruttosio.

 

La regolazione di queste proteine trasportatrici è essenziale per il rifornimento di carboidrati al nostro organismo in condizioni di riposo, ma ancora di più in condizioni di esercizio fisico, quando l’assunzione di zuccheri per via esogena assumere un ruolo decisivo in termini prestativi come asserito poco sopra. Una interessante review, ha concluso che la capacità di assorbimento dell’SGLT 1 diventa un fattore limitante quando l’assunzione di glucidi supera un determinato livello.(5) Il corpo riesce infatti ad ossidare circa 60 gr/h di carboidrati introdotti per via esogena,quindi introducendo livelli significativamente superiori a questi (es 144 g/h o 180 g/h) l’ossidazione non aumenta rimanendo fissa a circa 60 g/h.(6)(7)(8) Tale limitazione non è imputabile ne ad un riempimento gastrico, ne ad un limitato up-take muscolare ne alla capacità di glicogenosintesi epatica. Conseguentemente è stato ipotizzato che il fattore limitante sia proprio l’assorbimento. Se viene assunto del fruttosio in aggiunta ai precedenti carboidrati però, il tasso di ossidazione aumenta sensibilmente rispetto ai 60 g/h.(9) Molti dei prodotti industriali per sportivi reperibili in commercio, dai gels ai sports drinks, contengono purtroppo solo piccole quantità di fruttosio, utilizzato semplicemente per migliorarne la palatabilità. Questa quantità il più delle volte non apporta alcun vantaggio fisiologico.(3)

Chiaramente quindi ciò che limita il processo è la capacità di trasporto dell’SGLT 1. (Fig 3)

figura 2

Fig 3 Schema dell’ossidazione di fonti glucidiche esogene, singola (nero) e multipla (blu)

 

Capiamo bene quindi, come la capacità di assorbimento di glucosio sia direttamente legata all’espressione delle proteine SGLT-1. Questo meccanismo non è esclusivo per il glucosio ma l’up-regolation dell’SGLT-1 avviene anche per i suoi analoghi e per tutte quelle sostanze che agiscono sui recettori per il sapore dolce. Cellule specializzate definite L cells e K cells, localizzate nella membrana luminale dell’intestino esprimono infatti tali recettori, chiamati T1R2 e T1R3 accoppiati a una proteina G.(1)

 

MECCANISMI MOLECOLARI

Il meccanismo molecolare secondo cui avviene la regolazione dell’espressione dei recettori SGLT è stato proposto da Shirazi-Beechey.(5) Quando il glucosio raggiunge un livello soglia, si attivano a cascata una serie di segnali comprendenti tra gli altri gli stessi recettori T1R2-T1R3 e la gastudina (una proteina G). Ciò che ne risulta è una secrezione di GLP-1, GLP-2 e GIP. Il legame del GLP-2 con i suoi recettori determina la genesi di un potenziale d’azione a livello dei neuroni enterici . Lo stimolo, evoca il rilascio di un neuro peptide a livello degli enterociti preposti all’assorbimento. Il legame del neuro peptide con i suoi recettori determina un aumento dei livelli di cAMP il quale, come risultato finale, provoca un aumento della concentrazione delle proteine SGLT-1 aumentando la stabilità del suo mRNA.(Fig 4)

figura 3

 

Fig 4 Meccanismo proposto per la regolazione dell’espressione della proteina SGLT-1

 

 

CONCLUSIONI

Risulta chiaro,che una dieta ricca in carboidrati può far aumentare l’attività e il numero dei trasportatori intestinali SGLT-1 offrendo un tangibile vantaggio in termini di capacità di assorbimento dei glucidi. Di contro quando gli atleti adottano una restrizione glucidica seguendo regimi low carbs , high fat o regimi chetogenici o semplicemente riducono l’intake calorico con l’intento di perdere peso, la riduzione del carico glucidico riduce la capacità di assorbimento durante la competizione. Questo è il motivo per cui molti di loro poi durante le competizione, introducendo glucidi attraverso supplementazione esogena sperimentano gli effetti negativi di questo mal assorbimento che si risolve con l’avvento di di-stress gastrointestinale.(1)

 

Un buon consiglio sarebbe quello di includere giornate ad alti carboidrati durante la loro settimana di allenamento, visto che il tratto gastrointestinale è altamente adattabile. Con questa strategia possiamo tranquillamente allenare la nostra capacità assorbitiva, evitare il di-stress di cui sopra ed ottenere performance decisamente migliori. (1)(Fig 5)

figura 4

Fig 5 Sommario delle possibili metodologie di allenamento del Tratto gastrointestinale.

 

 

BIBLIOGRAFIA

 

  1. Jeukendrup, A.E. Sports Med (2017) 47(Suppl 1): 101. doi:10.1007/s40279-017-0690-6
  2. Jeukendrup, A. E. Nutrition for endurance sports: marathon, triathlon, and road cycling.” J Sports Sci 29 Suppl 1: S91-99, 2011.
  3. Jeukendrup, A. (2014). A step towards personalized sports nutrition: carbohydrate intake during exercise.” Sports Med 44 Suppl 1: 25-33, 2014.
  4. Giuseppe Arienti “Le basi molecolari della Nutrizione” PICCIN Terza Edizione
  5. Shirazi-Beechey SP, Moran AW, Batchelor DJ, et al. Glucose sensing and signalling; regulation of intestinal glucose transport.Proc Nutr Soc. 2011;70:185–93.
  6. Jentjens RL, Jeukendrup AE. High rates of exogenous carbohydrate oxidation from a mixture of glucose and fructose ingested during prolonged cycling exercise. Br J Nutr. 2005;93:485–92.
  7. Jeukendrup AE. Possible links between nutrition and overtraining. Vlaams Tijdschrift voor Sportgeneeskunde. 1999;80:37–45.
  8. Achten J, Halson SL, Moseley L, et al. Higher dietary carbohydrate content during intensified running training results in better maintenance of performance and mood state. J Appl Physiol.2004;96:1331–40.
  9. Jentjens RL, Achten J, Jeukendrup AE. High oxidation rates from combined carbohydrates ingested during exercise. Med Sci Sports Exerc. 2004;36:1551–8.

 

 

SGARRO LA DOMENICA E IL LUNEDI PESO SEMPRE 2 KG IN PIU’…(IO) SONO STANCO!!!

Marco io sono stanca di arrivare ogni lunedi, pesarmi e travarmi INGRASSATA DI 2 kg!!! E’ possibile che una pizza mi faccia perdere tutti i risultati di una settimana di lavoro?

Cara/o io sono stanco di sentirvelo dire!!! 🙂

No scherzo ( manco tanto in realtà). A tutti e dico tutti i 7 miliardi di persone sul globo è capitata la stessa identica cosa almeno una volta nella vita. Tutta la settimana ligio al dovere, il peso scende a meraviglia, poi la domenica pizza con gli amici e il lunedi puff +2kg e ogni sforzo buttato all’aria. Ma perchè?

Proviamo a spiegarlo in modo semplice semplice semplice semplie una volta per tutte.

Premessa. Il nostro corpo lavora con la priorità della salvaguardia della sopravvivienza. Tutti i paramentri organici devono necessariamente essere mantenuti entro livelli compatibili con la vita. Ad ogni nostra azione corrisponderà una reazione da parte del nostro organismo atta a controbilanciare la deviazione dal paramentro da noi causata.

Tradotto, se fai una cagata il tuo corpo che è duro a morire farà di tutto per salvarti le penne! Se cosi non fosse saremmo già estinti da un pò!

Bene, ora provate a prendere una bottiglia e metterci dentro due dita di acqua. Ffffffffffatto???? Bene ora le forbici dalla punta arrotondata……..mmmmmm ah no quello è un’altra cosa….dicevo ora metteteci dentro un bel paio di pugni di sale e mescolate. Non si sciolgie? Bene, la soluzione è troppo concentrata, è satura. Qual è la cosa da fare che vi viene in mente per poter sciogliere quel sale? Aggiungere acqua bravi. Prendete una bella brocca svuotatela nella bottiglia di prima, mescolate e magicamente il sale si sarà sciolto.

Bene ora trasferiamo questo esempio nel corpo umano. Vado a cena fuori mangio un cibo come la pizza, particolarmente salato. Dopo mezz’ora dalla fine della pizza inizio a sentirmi arso e comincio a bere che nemmeno un cammello riuscirebbe a fare meglio. Perchè? Perchè la concentrazione di sodio ( il sale usato da noi è cloruro di sodio) nel nostro corpo ha dei range entro cui può variare molto ristretti.Troppo o troppo poco sarebbero condizioni estremamente pericolose per la vita. Che cosa fa il nostro corpo. Quando la concentrazione è molto alta di questo elemento, si attivano dei meccanismi che ci inducono a bere per fare in modo che il soluto ( il sodio) venga diluito. Questo permetterà di ristabilire la concentrazione di sodio entro limiti normali. Abbiamo bevuto 1,5 litri di acqua in tutta la notte. Ma l’acqua pesa, esattamente come ogni altra cosa. Il lunedi ci svegliamo e oltre a vederci gonfi come palloni pesandoci troveremo sulla bilancia un peso maggiore rispetto a 2 gg fa! Siamo ingrassati? Ma manco per idea, siamo semplicemente inondati di acqua, una condizione che nel giro di 2 o 3 giorni scompare.

Ma non finisce qua. Tipicamente quando andiamo a cena fuori l’italiano medio sgarra con cibi contenenti carboidrati. I carboidrati hanno la caratterisitca di legare acqua una volta depositati nel nostro corpo. La tengono stretta a loro. Quindi dopo una cena con pizza e tiramisù ancora una volta non siamo ingrassati, siamo semplicemente “idratati”. Ritornando a regime anche questa è una condizione che scema nel giro di un paio di giorni.

Fine……oppure no…

 

Marco io sono stanca di pesarmi il giorno dopo essermi allenata, essermi fatta il mazzo in palestra tra corsa sala pesi,circuiti ecc, pesarmi e travarmi INGRASSATA DI 2 kg!!!

Cara/o io sono stanco di sentirvelo dire!!! 🙂

Qui le cose si complicano e renderle semplici non è semplice.

Ci proviamo.

Ci alleniamo e sudiamo come beduini del deserto. Il sudore è tipicamente formato da acqua con soluti disciolti. Sodio principalmente. Ah sto sodio ritorna sempre. ( lo vedete che togliere il sale dalla dieta se siete sani è una cagata immonda ????). Bene, ora dopo allenamento il nostro corpo è povero di questa sostanza. In aggiunta aumenta la concentrazione di potassio. Non vi interessa sapere il perchè di questi meccanismi. Funziona cosi. Sodio basso potassio alto. Questi due eventi attivano una cascata di produzioni ormonali che alla fine serviranno tutte per ristabilire l’equilibrio. Che cosa deve fare il corpo? Il corpo deve mantenere il volume plasmatico e la pressione arteriosa. Non può perdere altro sodio, blocca anche la minzione ( non fate pipi se ci fate caso subito dopo allenamento) per alcune ore o più, per evitare la dispersione di fluidi e nel contempo voi bevete, bevete bevete, l’acqua non può uscire ( l’abbiamo detto sopra) e voi vi ritrovate gonfi come palle!

 

 

Non state morendo, il corpo umano funziona cosi. Semplicemente a lui dell’estetica non interessa nulla, non gli interessa della vostra bilancia o della vostra preoccupazione. Lui lavora per voi per far si che un allenamento non sia per voi mortale. Risponde alle vostre azioni e se assecondato, capito e ringraziato può essere trasformato in una macchina perfetta.