STRESS OSSIDATIVO, SPORT E ANEMIA

Il ferro è un elemento fondamentale per molte funzioni vitali sia negli organismi eucarioti sia per gli organismi patogeni procarioti.

La sua elevata capacità di accettare o donare elettroni, fa del ferro un prezioso cofattore dei processi metabolici. Tuttavia, ciò gli dona la possibilità di  reagire con l’ossigeno per generare delle specie reattive radicaliche, che possono danneggiare cellule e tessuti.

Pertanto, per il nostro organismo è fondamentale mantenere un controllo rigoroso sia sull’assorbimento, sia sulla sua distribuzione per far si che sia mantenuto il giusto livello del minerale per gli scopi vitali organici, ma prevenendo gli eventuali danni da stress ossidativo o la proliferazione microbica durante  i processi infiammatori.

Ovviamente L’aspetto che interessa noi per gli scopi di questo scritto è la possibile carenza di ferro rinvenuta in molti atleti assoggettati a sforzi intensi e prolungati in cronico. Ricordiamo per inciso che il mitocondrio è uno degli organelli cellulari più importanti per la generazione di radicali liberi.

La carenza di ferro può derivare da una serie di molteplici cause, tra cui la perdita di sangue, le carenze nutrizionale dovute ad un’insufficienza nell’assunzione dello stesso o all’inibizione nell’assorbimento di ferro da parte di determinati alimenti e/o composti quali calcio, fitati, tannini e inibitori della pompa protonica. La carenza di ferro che colpisce innanzitutto le riserve organiche di deposito del minerale , porta a sintomi aspecifici quali vertigini, debolezza e stanchezza.

Lo stress ossidativo, appare spesso come una co-morbidità alla carenza di ferro. Perché? Perché ad esempio durante l’infezione e/o l’infiammazione, quindi duranti episodi che accendono la via stressogena di risposta cellullare, il corpo tende ad assorbire meno ferro per privare i batteri invadenti di questo minerale fondamentale per il loro ciclo vitale.  Questo potrebbe condurre ad una condizione anemica e successivamente l’ipossia risultante,può peggiorare lo stress ossidativo attraverso cambiamenti pro-ossidanti, portando così ad una maggiore produzione di radicali liberi e stress ossidativo in generale. Un circolo vizioso.

Le specie reattive si formano come risultato dei normali processi metabolici lo abbiamo messo per inciso sopra, e il corpo umano è fortunatamente dotato di tutta una serie di meccanismi di disintossicazione che regolano la generazione dei ROS riuscendo a riparare anche gli eventuali danni indotti. Se però le specie radicaliche non riescono ad essere neutralizzate,come abbiamo già detto esse, possono danneggiare proteine, lipidi, acidi nucleici e altri importanti componenti cellulari.

Da dove parte il tutto?

Dalla reazione di  Haber-Weiss, una reazione chimica che produce radicali idrossilici (·OH)

innescata durante il processo di infiammatorio dopo il rilascio di ferro da parte della ferritina.

La reazione complessiva, catalizzata da ioni ferro, è la seguente:

  • O2 + H2O2 → ·OH + OH + O2

Si divide in due differenti fasi, in cui nella prima si ha la riduzione degli ioni ferrici a ioni ferrosi

Fe3+ + ·O2 → Fe2+ + O2

mentre nella seconda fase, nota come reazione di Fenton, si ha la formazione della specie altamente reattiva ·OH:

Fe2+ + H2O2 → Fe3+ + OH + ·OH

 

Lo capiamo molto bene da questo schema il ruolo cruciale del ferro nella formazione dei ROS come donatore di elettroni. Ecco perché il corpo durante un evento infettivo/infiammatorio o nel momento in cui rileva elevate concentrazioni di radicali liberi organiche tanto da superare le proprie difese antiossidanti, reagisce e combatte cerando di privare il nostro organismo di questo importante minerale.

La regolamentazione negativa della ferroportina da parte dell’epcidina è ritenuta responsabile della carenza di ferro.

L’epcidina agisce come regolatore negativo sul rilascio di ferro da parte delle cellule, legandosi alla ferroportina, unico “exportatore” noto per il ferro, e provocando la sua’internalizzazione e degradazione.

Nell’immagine vediamo come il DMT1 sia assolutamente necessario per l’uptake di ferro alimentare di provenienza duodenale.  L’epcidina è prevalentemente prodotta dagli epatociti

ferro

 

del fegato. Ebbene, la stimolazione della produzione di epcidina conseguente a  infiammazione o infezione causa internalizzazione e degradazione della ferroportina. In questo modo, il ferro può essere sequestrato

e legato alla ferritina, con seguente abbassamento della concentrazione sierica del ferro, proteggendo quindi il sequestramento da parte degli agenti patogeni per i quali come dtto risulta di fondamentale importanza.

Come si nota dall’ultima immagine la citochina pro-infiammatoria IL-6 attiva il segnale STAT 3 il quale in ultima fase promuove la trascrizione di epcidina.

ferro 2

BCAA utili? Uno sguardo all’evidence based nutrition

Negli ultimi anni gli integratori di aminoacidi a catena ramificata (BCAA) sono diventati prodotti molto popolari. I sostenitori della supplementazione con BCAA sottolineano i numerosi benefici legati al recupero post esercizio intensivo;  Maggiore sintesi proteica (MPS) minore perdita proteica (MPB),protezione del sistema immunitario, aumentata ossidazione dei grassi,diminuzione dei dolori muscolare ecc ecc. Il razionale fisiologico, e le evidenze di studi su umani ben controllati, dietro queste affermazioni è spesso debole, se non addirittura completamente carente. L’infografica dell’ EFSA ci mostra le attuali posizioni circa le ipotesi sopra citate.

 

bcaa

Probabilmente l’idea più comune circa l’utilizzo dei BCAA è la maggior crescita muscolare se abbinata ad esercizio contro resistenza. Bene, ora l’immagine sottostante mostra come, il meccanismo metabolico per la crescita muscolare è dato semplicemente dalla differenza tra MPB e MPS. L’equilibrio tra i tassi di MPS e MPB in un determinato periodo di tempo determina se la massa muscolare è aumentata o diminuita. Semplice.Ci sono prove che i BCAA siano efficaci per la stimolazione di MPS e per l’inibizione della MPB provenienti da studi in vitro e su animali (da almeno gli anni ’70). Tuttavia, le prove dell’efficacia dei BCAA per l’ipertrofia muscolare negli esseri umani sono, nella migliore delle ipotesi, deboli e, equivocabili.

È chiaro a tutti che i BCAA o meglio la leucina sia di gran lunga il più importante stimolatore di mTOR, e quindi del percorso molecolare che accende MPS. Questa spesso, è la motivazione citata da chi sostiene la bontà dell’integrazione con BCAA per questi scopi. Ma a questo punto la domanda è.. quanto è efficace l’integrazione BCAA per la stimolazione di MPS in modo che la crescita muscolare sia realmente migliorata? Purtroppo, malgrado il potenziale dei BCAA di poter aumentare l’ipertrofia muscolare e malgrado anche le prove disponibili dagli studi su cellule e animali, vi è una mancanza di dati convincenti di studi su sani e giovani che si allenano contro-resistenze.

 

bcaa 2

Il problema con i supplementi BCAA, è che senza un adeguato apporto degli altri aminoacidi essenziali,non si abbiano tutti i componenti necessari per creare nuove proteine ​, e quindi non sia massima la stimolazione di MPS.

Oltre alla stimolazione di MPS, gli integratori BCAA vengono pubblicizzati come agenti in grado di alleviare i danni e il dolore muscolare. Ci sono alcune prove, tra cui uno studio pubblicato qualche anno fa,tuttavia, in quel studio non vi era alcun impatto sulla funzionalità muscolare. Quindi, con una riduzione anche relativamente modesta del dolore muscolare ma nessun impatto sulla migliorata funzionalità muscolare, non è chiaro come gli integratori BCAA potrebbero essere utili  per il recupero dopo esercizi intensi.

In sintesi, in linea generale, sulla base delle prove disponibili, la migliore raccomandazione nutrizionale per ottimizzare gli adattamenti, inclusa l’ipertrofia muscolare e migliorare il metabolismo ossidativo, resta quella di consumare una quantità di proteine ​​sufficienti di alta qualità (ovviamente inclusi BCAA). Al momento non crediamo che esistano prove sufficienti per raccomandare gli integratori BCAA per migliorare l’anabolismo muscolare o alleviare i danni muscolari o, in tal caso, per qualsiasi altra ragione.

LA VASCOLARIZZAZIONE POST REFEED

Come sempre accade nel corpo umano, quando si cerca di trovare un unico responsabile ad un meccanismo fisiologico si rischia di sbagliare. Però è indubbio che possono esserci per talune situazioni, fattori predominanti e fattori secondari. Bene, questo scritto nasce per esplorare quelli che sono i processi chimici che sono alla base del controllo della vasodilatazione. Perché questo. Noto come in molti osservano e si compiacciono, della grande vasodiltazione post prandiale, specie dopo ad esempio un refeeding. Bene, come sempre, ad un effetto visibile corrisponde una spiegazione ragionevole.

I patwhays e i fattori alla base della biodisponibilità e funzionalità dell’eNOS, l’enzima che catalizza la formazione di ossido nitrico, sono davvero tanti. Nonostante questo però, tutti gli ormoni e i relativi recettori coinvolti  sembrano agire attraverso due percorsi principali :

attraverso la fosforilazione dell’eNOS a livello della serina 1177, con conseguente aumento dell’attività enzimatica. Il meccanismo che porta alla fosforilazione di eNOS dipende dall’attivazione del pathway della fosfoinositide 3 chinasi proteina chinasi B (PI-3 chinasi / Akt).

Attraverso aumento dell’espressione genica che coinvolge i fattori di trascrizione e traduzione dell’ mRNA. Questo meccanismo genomico ha quindi generalmente una più lenta insorgenza e maggiore durata.

 

Cattura 2

L’immagine mostra esattamente quanto detto in riferimento come esempio agli estrogeni che sono uno dei fattori che intervengono nell’induzione di eNOS. L’estrogeno E2 si lega ai suoi recettori  α o β (ERα / β) in due posizioni: membrana o citosol. Il legame di E2 con il recettori di membrana membrana attiva il percorso della fosfoinositide-3-chinasi/proteina chinasi B (PI3 K / AkT) che porta alla fosforilazione di eNOS, ne aumenta l’attività con produzione finale di NO. Il legame di E2 al recettore citosolico ERα / β invece, porta alla traslocazione del recettore nel nucleo. Qui il recettore si lega a elementi co-regolatori di risposta del DNA sul gene eNOS e avvia la trascrizione aumentando la produzione di mRNA eNOS. Il mRNA viene quindi tradotto dal ribosoma per aumentare la produzione di proteine eNOS. Questo esempio per gli estrogeni è il meccanismo che coinvolge tutti gli altri fattori ormonali.

Prendiamone ora in considerazione due. Quelli maggiormente tirati in ballo quando parliamo di vasodilatazione specie in riferimento al bodybuilding.

 

 

Cortisolo

L’eccesso di cortisolo negli esseri umani provoca l’ipertensione, attribuibile in parte alla ritenzione di sodio, ma in parte mediato da effetti inibitori su eNOS.
I glucocorticoidi diminuiscono la produzione di NO endoteliale diminuendo la trascrizione del gene eNOS e diminuendo la biodisponibilità di NO attraverso l’aumento di specie reattive dell’ossigeno (ROS), mitocondriale, NAD (P) H ossidasi e xantina ossidasi,attraverso la riduzione della sintesi di tetraidrobiopterina (cofattore richiesto per l’attività dell’enzima eNOS),riducendo il trasporto di membrana di l-arginina e diminuendo la mobilizzazione intracellulare di calcio indotto da agonisti.

L’insulina

L’insulina ha la possibilità fisiologica di legarsi a due recettori distinti: il recettore dell’insulina (IR) e il relativo fattore di crescita 1 (IGF-1). Entrambi i recettori sono delle tirosin-chinasi che vengono attivate dal ligando stesso. Le IRs sono espresse sulla superficie cellulare delle cellule endoteliali umane, così come i recettori IGF-1.
L’insulina come sappiamo regola l’omeostasi del glucosio e lo fa attraverso i suoi recettori IR. A questo punto si attivano due vie principali: la PI3-chinasi come detto, e la MAPK-chinasi. La PI3-chinasi / Akt è il pathway responsabile della regolazione di eNOS. Quindi ovviamente non deve sorprendere che l’insulina abbia la capacità di aumentare la produzione di Ossido Nitrico. E in effetti sappiamo come la resistenza insulinica sia un importante fattore di rischio per la malattia cardiovascolare, e le disfunzioni endoteliali siano spesso rinvenute in pazienti con malattie metaboliche. La resistenza all’insulina sarebbe infatti associata ad una diminuzione della fosforilazione di eNOS e alla conseguente diminuzione della produzione di NO endoteliale.
Altri meccanismi associati alla resistenza insulinica, come i segnali pro-infiammatori dovuta a glucotossicità e lipotossicità, possono contribuire alla disfunzione endoteliale. Da ciò si evince come i meccanismi che legano la resistenza all’ormone insulina e la disfunzione endoteliale siano multifattoriali. poiché la regolazione di NO è solo una delle molteplici vie cellulari che contribuiscono al complesso legame tra malattia metabolica e cardiovascolare.

In sintesi, l’insulina favorisce la funzione endoteliale, causa vasodilatazione e aumento del flusso sanguigno, specificamente attivando il percorso PI-3 chinasi / Akt che porta alla fosforilazione eNOS e aumenta l’attività eNOS. L’insulina promuove anche un aumento della mRNA e della proteina eNOS. Al contrario, la resistenza all’insulina comporta una diminuzione della funzione eNOS e la perdita degli effetti protettivi vascolari dell’NO. Altre considerazioni
 

Ovviamente queste brevissime righe non possono essere esaustive nella spiegazione di un meccanismo davvero molto più complesso e complicato. I cambiamenti nella produzione di NO rappresentano il culmine di molteplici effetti ormonali attraverso meccanismi genomici e non genomici. Non abbiamo parlato ad esempio della renina, della tiroide ( anche se per quest’ultima il legame risulta ancora incerto), del testosterone ecc ecc..Però possono fari riflettere se osserviamo il nostro corpo in risposta ad un pasto fortemente glucidico. Solitamente una buona vascolarizzazione è presente in individui perfettamente in fisiologia, con un buon controllo insulinico, bassi livelli di adipociti e buone/notevoli masse muscolari. Indice del fatto che il meccanismo mediato dall’insulina sulla produzione di NO potrebbe funzionare perfettamente. Nei casi di sovrallenamento, aumentata produzione cronica di cortisolo, resistenza insulinica, mal gestione dei refeed la vascolarizzazione è assente e l’aspetto e vuoto e liscio.

Quindi come sapete già, l’osservazione del corpo può darci dei feedback importanti su ciò che sta avvenendo all’interno permettendoci di adottare il più delle volte delle opportune contromisure.

 

Cattura 3

CORPO E MENTE, MENTE E CORPO

Da una parte i sostenitori del bianco
Da una parte i sostenitori del nero
Da una parte cioè la fazione del conteggio calorico e dei macros come unica via
Da una parte la fazione delle calorie non contano, non siamo delle bombe calorimetriche.

Una mia personale visione delle cose

Da qualche anno una delle mie passioni e la PNEI ma ancora più in generale, tutto lo studio delle relazioni tra la mente e il corpo. Ovviamente non posso definirmi un esperto ci mancherebbe ma un semplice appassionato.

La capacità che il nostro cervello ha di instaurare e modulare dei network è quanto mai complesso e affascinante.
Se dovessi rifare questa passione al mio campo di azione le cose sarebbero e potrebbero essere davvero sorprendenti.

L’alimentazione è di fatto un COMPORTAMENTO.

Si esattamente, un complesso di azioni modulate e dirette da aree diverse del nostro cervello le quali a loro volta operano a seconda degli stimoli che giungono dall’interno e dall’esterno.

Un’esempio
Prendete l’obesità giovanile.

I dati sono allarmanti lo sappiamo. Perché un individuo di 5 anni il cui organismo saprebbe perfettamente modulare le richieste energetiche in risposta a quelle in uscita, diventa obeso? La genetica? Bhe diciamo che la spiegazione non regge. Il perché per quanto affascinante, sarebbe complicato da sviscerare e ci porterebbe fuori tema.

L’AMBIENTE DOVE VIVONO SEMBRA ESSERE IL FATTORE DECISAMENTE PIU’ IMPORTANTE.

Qualità del cibo, quantità del cibi, facilità di reperimento e disponibilità e ultimo ma non per importanza l’ambiente e i modelli familiari e sociali dove essi vivono. Più un bambino cresce più diventa sensibile al mondo esterno. Ecco quindi che se fino a 2-3 anni i meccanismi di controllo della fame e della sazietà funzionano a meraviglia già all’età di 4-5 anni il comportamento alimentare dei genitori, la televisione, le mode, la disponibilità del cibo iniziano a fare danni.

C’è ad esempio una grossa relazione tra obesità delle madri e obesità dei figli, cosi come tra modalità del consumo del pasto e obesità dei figlio. Se dovessimo parlare di prevenzione e terapia diremmo che la chiave per porre fine a questa tendenza è quella di far nascere modelli familiari e sociali che valorizzino la consapevolezza di sé, l’amore per il proprio corpo e per il proprio benessere psico-fisico.

Capiamo bene quindi che le Kcal totali contano, perché alla fine dei conti è da loro che dipende biochimicamente l’aumento della massa adiposa, ma il fatto di ingerirne di più è dettato a monte da altri fattori.

Ed è tutto li il nodo.
Non si tratta, e non si può trattare solo di ridurre le kcal in entrata. La fazione del bianco lo deve capire. Si tratta di cambiare l’ambiente in cui si vive. Utopia? Si forse ma se voi avete idee migliori….. Oppure potrete continuare a veder fallire miseramente le vostre terapie dietetiche se non supportate da sostegni psicologici familiari.

LA MENTE CI GOVERNA.

Altro esempio.

Scrivevo qualche tempo fa di come il sistema immunitario sia avido di Kcal, e di come in presenza di stati infiammatori cronici ogni calcolo calorico semplicistico non generi gli effetti sperati sulla composizione corporea. Ma cosa centra con la mente?

La serotonina ( https://www.peruginimarco.it/serotonina-stress-e-carboidrati/ ) è prodotta per il 95% nell’intestino. Basterebbe già dire questo. Il perché va ricercato nelle sue funzioni: inizio del riflesso della peristalsi, mantenimento del tono muscolare e in genere mantenimento e regolazione dell’attività digestiva. La serotonina ovviamente poi agisce anche a livello del cervello con segnali che possono essere positivi o negativi.

Bene,in caso di infiammazioni intestinali, si osserva proprio un aumento della sua produzione che va a saturare come ovvio i sistemi di riassorbimento e provoca desensibilizzazione dei suoi recettori ( come accade per ogni eccesso vedi leptina, insulina ecc..). Cosa causa? Blocco della peristalsi e costipazione. Non solo; l’infiammazione provoca un abbassamento della concentrazione di serotonina a livello cerebrale. ( ciò avviene perché aumenta la concentrazione e l’attività dell’enzima volto alla sua demolizione).
La conseguenza può essere una forte depressione. Vi chiedevate perché il gonfiore cronico o la comune quanto non-identificata sindrome dell’intestino irritabile vi rendesse nervosi,di cattivo umore o peggio depressi? Eccone una spiegazione. Ovviamente una persona avvertita dal suo cervello di un calo della serotonina di che cibi andrà alla ricerca?

Ancora la stretta relazione tra CORPO E MENTE ma a relazione inversa.

La MENTE CI GOVERNA

Come vedete è ovvio e deve essere chiaro a tutti che il fattore ultimo e dominante per la composizione corporea sia il bilancio calorico.
Non siamo bombe calorimetriche questo è vero, ma è pur vero che in quanto esseri biologici sottostiamo alla leggi universali della biochimica, fisiologia ecc. Quindi con buona pace delle due fazioni entrambe hanno ragione.

Ma il punto della questione, che poi è ciò che realmente rende complesso il tutto ( ed è forse questo il motivo della forza con cui sostengono la loro tesi i sostenitori delL’ “only macros”) non è quante kcal devo dare a Mario per farlo dimagrire.
La domanda dovrebbe essere. Perché Mario ha oggi quel bilancio calorico? Da cosa dipende l’assunzione energetica oggi di Mario? Chi è Mario e Dove vive? Quali relazioni e con che soggetti si interfaccia? Dove ha vissuto? In che epoca? Con che disponibilità economiche?

La risposta a queste domande svelerà il motivo per cui egli è cosi profondamente legato al cibo e a che tipologia di cibo e fornirà utili strumenti per la creazione di un percorso davvero utile al soggetto.

LINEE GUIDA ALIMENTARI GENERALI

LINEE GUIDA GENERALI

A me non piacciono moltissimo le divisioni per somatotipi per il semplice motivo che la gente non sa individuarle e quindi vedi endomorfi che si credono ecto e vedi ecto che si credono endo.

Detto questo userò ad ogni modo termini comuni per essere chiaro.

CI tengo a precisare una seconda cosa.
I valori sono indicativi e hanno una marginalità e una variabilità individuale molto ampia, dettata dal fatto che nessuno di noi è praticamente un ectomorfo puro o un endomorfo puro. Ecco quindi che un soggetto appartenente più ad una “categoria” potrebbe comunque ritrovarsi a meraviglia con le linee guida di un soggetto appartenenete all’opposta.

ECTO

-Pro: 2-2,5 gr/Kg
-Grassi: >1 fino a 2 gr/kg ( tenendo conto che è un buon carbo ossidatore, quindi occhio a spingervi tanto oltre)
-Carbo: per differenza ma in generale =>5gr/kg

Sono soggetti in cui l’obiettivo primario è il conteggio calorico. Le kcal devono esserci e tante. Il counting calories in soggetti alle prime armi lo trovo essenziale essendo affetti spesso da quella che viene definita ” flat slope syndrom”, ovvero mangiano poco e tendono a sovrastimare i loro introiti. In linea generale terrei le fibre più basse della media, visto la loro notevole capacità di raggiungere la sazietà prematuramente. Proprio per questo spesso le verdure le consiglio a fine pasto. Limiterei l’utilizzo di sostanze stimolanti, indi per cui se prendete 6-7 caffè al giorno magari pensare di ridurli già da subito. Il Timing nelle prime fasi del vostro lavoro può essere non considerato. Approcci 80-20 li trovo ottimali. Significa che se la nonna cucina bene, la dovete passare a trovare spesso, quindi non per forza la smania del clean food a tutti i costi.

ENDO

-Pro: 1,5-3 gr/kg
-Grassi: 0.7-1.5 gr/kg
-Carbo: per differenza ma in generale <1-3 gr/kg Come vedete le forbici dei macros sono abbastanza ampie, perchè dipende dalla fase in cui siamo e dalla condizioni iniziali del soggetto. Quindi potrebbero essere utili approcci a proteine molto basse con grassi alti e carbo al minimo, cosi come in periodi in cui vogliamo tentare di ripristinare il loro controllo sui carbo, potrebbe essere utile, abbassare gradualmente i grassi e provare poco a poco ad aumentare il quantitativo glucidico. Sono soggetti che "stallano" con molta facilità, per cui trovo molto utile l'utilizzo di metodiche come IF o la divisione in semplici 3 pasti, allo scopo di creare degli shock temporali specie se il soggetto è abituato ai canonici 5 pasti/day. Variare con molta più frequenza per non creare abitudine. Ciò potrebbe essere utile anche in ottica miglioramento della flessibilità metabolica. Il TIMNG in questi soggetti assume a mio avviso una rilevanza importante, specie nei perioodi in cui decidiamo di spingere sui glucidi. Utile circoscriverli nel post w.o. Occhio agli approcci IFYM liberi, per ovvi motivi. Il counting calories in soggetti alle prime armi lo trovo essenziale essendo affetti spesso da quella che viene definita " flat slope syndrome", ovvero mangiano tanto e tendono a sottostimare i loro introiti. MESO -Pro: 1.6-2.5 gr/Kg -Grassi: 0.5-1 gr/kg - Carbo: per differenza. Potevamo anche non dare nessun riferimento, visto che la categoria mediamente risponde comunque bene a quasi ogni approccio. Qui secondo me lo scambio di sensazioni con il soggetto risulta essenziale, specie se intermedio/avanzato. Potrà essere utile, in concerto con i suoi feedback decidere di spingere su un nutriente ( carbo) piuttosto che un altro (grassi), in momenti diversi del percorso. Strategie 80-20 possono essere la scelta migliore davvero. Io sinceramente con questi soggetti ad 1.6 gr di pro eviterei di starci. Ora, potete condividere o meno tali indicazioni GENERALI ( nel qual caso vi invito ad un sano confronto) ma se cominciamo a discutere sul " A MA PERO' IO, A MA PERO' MIO KUGGGGINO...." non se ne esce.

NON CHIAMATELA…..BIKINI…..

Scrivo queste due righe per portare la mia esperienza di preparazione, come preparatore alle gare Riminesi svoltesi lo scorso 1 giugno. Non vorrà essere una lezione, ne un avere la pretesa di divenire un dicta. Ho poca esperienza, non c’è vergogna nell’ ammetterlo, ma credo fortemente nella condivisione di contenuti accettando critiche su di essi e sono pronto ad ogni confronto, anche acceso che sia…purchè porti alla fine a qualcosa di buono e costruttivo.

Il mio percorso con Ilaria e con il suo Preparatore Fisico parte circa 2 anni fa.

Ilaria si iscrive in palestra come tutti per svagarsi,divertirsi senza alcun obiettivo preciso se non quello comune di Tonificare. Ben presto si accorge che qualcosa manca, che è contenta ma non troppo, che vorrebbe osare di più.

Ilaria era all’epoca seguita da una nutrizionista con la quale stava operando un piano di mantenimento.

In accordo con il suo allenatore decidono di venire a parlare con me. A seguito di un’attenta anamnesi corporea verifico che la sua condizione parlava più o meno di un 27% di BF.

Che cosa avrebbe dovuto mantenere resta ancora oggi un mistero.

Da qui…inizia il nostro percorso….che la porta nel giro di un anno alla condizione che vedete in foto.

articolo 1articolo 2

 

Durante questo anno Ilaria con il suo preparatore affina la tecnica dei 3 big, trova i suoi settaggi migliori aumenta forza potenza e resistenza, vede i carichi aumentare, non tralascia mai il lavoro metabolico, i lavori a circuito, usa KB, bilancieri,corsa, burpees,salti con la corda e chi più ne ha piu ne metta. Con l’alimentazione siamo cauti, nulla di eclatante, Ilaria è mamma, moglie , deve far rientrare tutto e bilanciare dovere e piacere.

Non sa ancora cosa la vita le riserverà.

Optiamo quindi per approcci in cut blandi per lasciarla respirare e vivere. I risultati arrivano e siamo contenti cosi

Ma la testa dell’atleta la riconosci al volo….

Ilaria è un soldato, tu le dici e lei fa. Ilaria soffre la fame in silenzio, ilaria gode nei giorni di refeed senza dire una parola, ilaria impara a bere e………e alla fine cambia radicalmente.

Passa cosi il primo anno di lavoro ( foto in alto), Ilaria stacca per un dieci giorni con la promessa che al ritorno dalla vacanza avremmo progettato la nuova stagione.

Fine agosto con il suo preparatore decidiamo che forse vale la pena provarci. Ilaria ha solo un problema: è timida,insicura e non si sta godendo il percorso. Inizia ad essere ossessionata dai risultati e vuole di più, sempre di più non trovandosi quasi mai appagata dalla sua condizione. Quale miglior sprone se non quello del palco? Ilaria accetta e noi con lei.

Veniamo al pratico ora…

Ilaria pesa 48 kg circa, Bf stimata 15-16%, altezza 158 cm

 

Settembre: 3 settimane Normocalorica teorica per rientrare e ripartire da zero:

Kcal Pro fat Chos
1870 140 35 256

Allenamenti: Full body 3 x week

 

Ottobre: primo leggero cut e divisione On e OFF. Durate 4 settimane

Decido di puntare sui fat per testare le sue risposte organiche.

Kcal on Pro on Fat on Chos on
1700 134 66 146
Kcal off Pro off Fat off Chos off
1600 143 101 39

Allenamento forza e ricera del setting biomeccanico corretto per l’attivazione dei suoi punti carenti: Dorso, spalle.

 

Novembre: Riduco la percentuale di cut ma aumento la forbice tra ON e OFF. Ritorno ad utilizzare metabolismo degli zuccheri.

Kcal on Pro on Fat on Chos on
1820 86 30 300
Kcal off Pro off Fat off Chos off
1550 86 30 230

Allenamento ipertrofico su 4 sedute con l’inserimento di wo metabolici per migliorare l’affinità agli zuccheri.

Teniamo questo protocollo fino ad anno nuovo perché ci stava dando ottimi risultati. So anche che le Vacanze Natalizie all’orizzonte incideranno sul cut. Quindi lascio cosi. Ilaria sembra serena ed appagata. Modificare in momenti di felicità lo trovo sempre da pazzi.

 

Gennaio: Ilaria è piena. Le vacanze come sospettavo hanno contribuito ma la condizione generale è buona. Opto per un cut pesante, puntando sempre sui chos con un refeed settimanale.

Kcal on e off Pro on e off Fat on e off Chos on e off
1440 120 40 150
Kcal refeed Pro refeed Fat refeed Chos refeed
2490 77 20 500

Allenamento con alti volumi sui punti carenti mantenendo sempre i 3 big come forza. Inserimento lavoro metabolico nei RF.

Tengo questo protocollo 8 settimane. La forma di Ilaria migliora notevolmente. Gestisce una quota di chos incredibile e i refeed fanno il loro lavoro. Dopo 8 settimane inizio a vederla svuotata e gestisce male i RF.

 

Marzo: piccola parentesi di bulk anche se la gara si avvicina.

Kcal on Pro on Fat on Chos on
1910 96 40 300
Kcal off Pro off Fat off Chos off
1710 96 47 240

All’occorrenza introduco anche un RF come il precedente. Perché un RF in bulk? Perché Ilaria si muove tanto, consuma tanto e in certi giorni la si nota svuotata…io ricarico, le si riempe ma non si appanna. Anzi. Ottima gestione ormai dei chos. Praticamente il bulk non è più bulk.

Allenamento di forza sui punti carenti e modalità ipertrofica sugli altri gruppi muscolari.

 

Inizio del cut fino a giugno.

Ormai il metabolismo di Ilaria è volato e ci accorgiamo che i RF precedenti devono essere sempre piu frequenti per continuare a starle dietro. Le medie caloriche che prima costituivano un bulk ora non lo sono più, come detto.

Risetto la nuova normocalorica e preparo una lenta discesa: Per Ilaria decido di puntare sui chos.

Kcal on Pro on Fat on Chos on
2100 125 35 322
Kcal off Pro off Fat off Chos off
1650 125 42 193

 

Durante tutto questo perido apporto leggere modifiche nel corso delle settimane per continuare a far perdere il peso in modo costante.

Allenamento che da adesso in poi prevede 4 sedute che picchiano duro sui suoi punti carenti 4 giorni su 4 di allenamento.

Ilaria mantiene un focus mentale pazzesco. E’ sul pezzo!!

Arriviamo cosi in prossimità della gara e questa è stata la nostra strada: Cariche e scariche.

A ilaria piacevano e le gestiva benissimo e ci hanno permesso di porre rimedio a pasqua, 25 aprile, 1 maggio e una cresima di mezzo.

  PRO GRASSI CARBO ACQUA FIBRE ZUCCHERI SODIO
20/5/2017 140 47 130 4-5 10 10% 2.5
21/5/2017 140 47 130 4-5 10 10% 2.5
22/5/2017 140 42 152 4-5 10 10% 2.5
23/5/2017 140 37 174 4-5 10 10% 2.5
24/5/2017 140 32 196 4-5 10 10% 2.5
25/5/2017 140 22 218 4-5 10 10% 2.5
26/5/2017 140 20 240 4-5 10 10% 2.5
27/5/2017 140 47 130 4-5 10 10% 2.5
28/5/2017 140 47 130 4-5 10 10% 2.5
29/5/2017 140 47 130 4-5 10 10% 2.5
30/5/2017 92 10 261 5-6 0 0 2.5
31/5/2017 69 10 284 5-6 0 0 2.5
01/6/2017 69 10 284 5-6 0 0 2.5

Peso in gara 45,5 kg 45,8 kg ( non ci siamo misurati la mattina digiuni)

gara

 

 

 

Ovviamente abbiamo tralasciato qualche dettagli per snellire il tutto, ma in linea generale vi abbiamo raccontato il come e il perché senza alcun segreto di Pulcinella.

Abbiamo sbagliato? Forse. Abbiamo fatto bene? Forse.

Noi sul palco c’eravamo, anzi Ilaria c’era…c’era con un bel sorriso, si reggeva bene sulle sue gambe ed era felice di esserci. Era appagata e motivata come solo una guerriera sa essere…..

Scesa dal palco ci ha detto…..” a quando la prossima?”…..

Noi le abbiamo risposto….Cervia….Settembre…NBFI……

Questa è la nostra soddisfazione

Un grazie speciale all’amico e preparatore Alberto Vinella

EFFETTO PLACEBO….LA MENTE OLTRE LA CURA FARMACOLOGICA

L’effetto placebo per molto tempo è stato considerato come una distorsione nella valutazione del reale effetto di un terapia. Negli ultimi anni invece ha preso campo un filone di pensiero che inizia a guardarlo sotto un punto di vista anche psichico andando a sondare quelli che sono i complessi meccanismi del cervello umano legati al suo effetto.

Quando parliamo di placebo parliamo dell’effetto che ha una sostanza priva di principio attivo quando viene somministrata ad un gruppo di pazienti. I meccanismi alla base del suo effetto possono essere molteplici  ma quello che interessa di più a me per la trattazione di questo argomento è il concetto di ASPETTATIVA.

Perché mi interessa cosi tanto? Perché in questo ultimo periodo noto come ci sia un movimento culturale volto alla mis-credenza nei confronti della clinica e della scienza medica, che guarda con sempre piu interesse all’aspetto emotivo, emozionale,psicologico. Tutto questo genera terreno fertile per i markettari del secolo che fanno soldi speculando. E questo mi fa profondamente incazzare.

Ma non divaghiamo. Parlavo di attesa di aspettativa. Bene nel caso dell’attesa di un effetto terapeutico ecco che si produce effetto placebo. Questo non è altro che l’aver fiducia nel trattamento,nella persona che ce la somministra e nel contesto psicosociale in cui ci si trova. L’aspettativa del beneficio è quindi l’atto stesso di somministrare un trattamento in cui crediamo.

Il contesto in cui ci troviamo,quindi magari l’ambiente ospedaliero, la vista del medico con il camice l’odore dell’ospedale ci CONDIZIONA profondamente. Questo condizionamento è un aspetto  totalmente inconscio nel quale agiscono due stimoli, uno incondizionato che produce una vera e propria risposta fisiologica e uno condizionato che non produce alcuna risposta.

Esempio la vista del cibo produce salivazione ( stimolo incondizionato), lo squillo del telefono non produce alcuna risposta (stimolo condizionato). Dopo che questi due stimoli sono stati presentati però per un certo numero di volte, la sola presenza dello stimolo condizionato non produce piu risposta incondizionata che diventa ora condizionata. Lo so è un gran casino ma mi spiego meglio con un esempio.

Prendete un farmaco sotto forma di pillola rossa. La prima volta che la prendete è il principio attivo presente nella compressa a far si che vengano espletate le funzioni magari analgesiche del farmaco. Bene, dopo molte volte che vi si presenta davanti la stessa pillola rossa alla millesima volta una qualsiasi pillola rossa anche priva di prinCIPIO attivo produrrà in voi lo stesso effetto analgesico. Null’altro che EFFETTO PLACEBO.

Ma quindi la domanda è…IL PLACEBO SE FUNZIONA COSI BENE, PUO’ SOSTITUIRE IL FARMACO?

Secondo quanto asserito sopra sembra che il placebo abbia proprietà magiche e curative. In realtà assolutamente no come assolutamente No è la risposta alla domanda che ci siamo posti.

Il placebo ha un effetto che è imprevedibile in quanto la popolazione si divide in due categorie i responsivi al placebo e in non responsivi. Noi a priori non possiamo sapere a quale categoria si appartenga. Altro motivo è quello identificato ad esempio negli individui Parkinsoniani in cui l’effetto di un placebo ha durata limitata a circa 20-30 minuti per poi sparire. Questo viene oggi spiegato come “condizionamento farmacologico” o apprendimento. Sono stati condotti esperimenti  in cui a soggetti in una prima fase si somministrava una sostanza farmacologicamente inerte informandolo sul fatto che essa avrebbe provocato aumento del gh e diminuzione di cortisolo. Ovviamente nessuna variazione è stata osservata. Nella seconda fase prima di riapplicare lo stesso protocollo i pazienti hanno ricevuto due giorni di trattamento farmacologico con una sostanza che realmente aumentava gh e cortisolo. Bene ripetendo l’esperimento con placebo si sono visti questa volta aumenti plasmatici dei due ormoni. L’esperienza precedente del soggetto, quindi quella con il farmaco vero, ha condizionato il soggetto. Questo pone in grande risalto un concetto fondamentale che è quello di contesto psicosociale.

Noi sappiamo che nella pratica comune qualsiasi persona prima di prendere un farmaco è informata sugli effetti che esso avrà, quindi si aspetta un beneficio si genera cioè un aspettativa. Ma se si eliminasse l’informazione iniziale? Se si evitasse di generare l’aspettativa? Allora possiamo dividere le somministrazioni in due categorie: manifesta e nascosta. Da esperimenti effettuati negli ultimi anni si è visto come l’effetto sia decisamente e sempre più marcato nella somministrazione manifesta! Ciò che le differenzia non è altro che la componente psicologica che possiamo definire effetto placebo.

VI RICORDA QUALCOSA?  Vi ricorda per caso il ricorso a tecniche medicamentose tanto in voga quanto costose,negli ultimi tempi? Non è per caso che ci pisciano in testa e ci dicono che piove no?

A voi le riflessioni opportune.

Concludo dicendo che per valutare l’efficacia di una terapia non possiamo solo prendere in considerazione l’efficacia o meno del farmaco ma anche il contesto psicosociale, i fattori psicologici, i meccanismi di apprendimento e aspettativa legati al trattamento stesso.

“ l’acqua fresca può costituire di per sé una terapia senza bisogno di postulare in essa la presenza di sostanze sconosciute o di invocare meccanismi misteriosi. Perché ciò che produce l’effetto non è l’acqua di per sé, ma la mente del paziente.”

 

 

 

 

Liberamente tratto,riassunto e rielaborato da “ STRESS E VITA” DI  FRANCESCO BOTTACCIOLI

 

VUOI PERDERE 10 KG? CERCATI UN’ANALISTA

Il mondo dell’alimentazione vive probabilmente oggi il punto massimo del suo sviluppo, della sua popolarità e da questo fatto traggono beneficio un pò tutti quei professionisti o presunti tali che di nutrizione trattano, parlano divulgano o che, con la nutrizione operano. Il cibo crea un indotto economico stellare, e chiunque oggi non sappia cosa fare nella vita,si butta in questo campo. Perchè? Perchè è facile parlarne, è facile banalizzare ed è facile, in un campo dove si sente tutto e il contrario di tutto, non riconoscere le verità dalle bufale giganti. In altre parole oggi se sei disoccupato puoi sempre aprire un blog che parli di cibo e in un secondo diventare una star del web.

Quella che vado a scrivere è semplicemente la mia opinione su questo movimento. Nessun Professionista si deve sentir tirato in causa. Il mio pensiero conta zero e cosi dovrà essere, ma questo è il mio spazio e ne faccio ciò che voglio.

Nel mio modo di vedere il mondo della nutrizione ha senso e acquista valore solo se fortemente legato all’operato del professionista con la P maiuscola. Quali sono i campi dove questo accade realmente? Due e stop: la nutrizione clinico/patologica e la nutrizione per gli sporivi di elite. Si esatto due categorie che seppur agli antipodi, rappresentano il mucchio delle persone che effettivamente abbisogna di un operatore del settore. Capite bene che dicendo questo si va ad escludere una fetta enorme della popolazione mondiale.

Ma allora scusa per tutti gli altri? Per tutti gli altri il cibo non rappresenta un bisogno, ma un desiderio, un piacere,uno sfogo, un momento di socializzazione, un nascondiglio, un rifugio insomma tutto fuorchè un bisogno. E allora davvero mi dite che Pina per perdere 5 kg ha bisogno di un nutrizionista con i controcazzi? No ve lo dico io. No perchè sarà sempre e solo una decisione di Pina quella di voler perdere o meno questi 5 kg. Non dipenderà mai realmente e totalmente da voi. Pina avrà sempre il coltello dalla parte del manico. Pina ha bisogno di qualcuno che entri nella sua testa, che le faccia cambiare il modo di vedere il suo corpo, Pina ha bisogno di qualcuno che le faccia capire cosa rappresenta per lei il cibo e perchè questa ricerca compulsiva di felicità attraverso “cibo buono”. Pina ha bisogno di qualcuno che semplicemente la sproni a scollarsi da quel divano, le butti via quelle schifezze che ha nella credenza e la porti anche solo a camminare tutti i giorni. Pina da 0 passerà a fare 1 e quei 5 kg se ne andranno cosi di colpo. Perchè Pina è sana come un pesce, è solo pigra, svogliata e assolutamente non preoccupata della sua salute perchè infondo sta bene. E come Pina, milioni di altri individui si comportano cosi perchè seppur il loro obiettivo di perdere la pancetta è forte, l’invito all’aperitivo, alla festa, al ristorante sarà sempre piu forte. E questo è sacrosanto per carità, ma è per ciò che non serve un buon nutrizionista.

Nel mondo della nutrizione patologica non è cosi. O meglio un buon Professionista serve e ha senso perchè c’è un male da curare di mezzo. E il paziente lo sa, sa di star male e sa di voler guarire e farà di tutto per star meglio.

Nel mondo della nutrizione dello sport è la stessa cosa. L’atleta vuole vincere e arrivare primo e lo sa che se non soddisfa i suoi bisogni organici non vincerà la competizione.

Qui, si può fare realmente la differenza perchè semplicemente il cibo passa da essere un piacere ad un bisogno fisiologico dell’organismo Per guarire o vincere.

Attenzione non dico che gli altri non debbano seguire un protocollo dietetico, ma semplicemente dico che non si può limitare il discorso al solo bilanciamento delle calorie, perchè paradosalmente messa in questi termini negli individui normali, come me per esempio, è terribilmente più complesso articolato, pieno di insidie e sfaccettature.

IL CROMO E IL SUO RUOLO NELL’OMEOSTASI GLICEMICA

Il Cromo è un metallo comune in natura di colore grigiastro la cui accettazione internazionale come nutriente essenziale è ancora oggi motivo di dibattito per alcuni (1). Il Cromo può esistere in diverse forme chimiche tra le quali quella che da sempre è motivo di interesse è la Cr(III), quella biologicamente più attiva. La presenza di questo elemento nel cibo, cosi come la sua supplementazione ad alti dosaggi non presentano problemi di tossicità (2). Altre forme chimiche del Cromo invece come il Cr(VI) derivanti da prodotti della lavorazione industriale hanno mostrato forti attività cancerogene.

L’interesse per questo elemento da sempre si rifà ad un suo possibile ruolo nel migliorare la tolleranza al glucosio e la risposta insulinica specie in paziente affetti da diabete mellito di tipo 1 e 2. Un famoso studio pioneristico del 1959 (3)riporta proprio per il Cromo un effetto biologico denominato GTF ovvero glucose tolerance factor. Nel corso degli anni questa terminologia si è vista non essere del tutto corretta e recentemente si è compreso invece che il Cr svolge delle azioni biologiche legate al funzionamento dell’ormone insulina. In particolare si pensa che il legame del Cr al recettore per l’insulina stimolerebbe l’attività tirosin-chinasica dando vita agli effetti dell’ormone stesso.

CROMO 1

 

Da dire inoltre c’è che il Cr(III) è assorbito in scarsa quantità a livello intestinale e che esso (l’assorbimento) è migliore quando il carboidrato alimentare presente è l’amido piuttosto che glucosio ,saccarosio o fruttosio.

Ad oggi la letteratura scientifica si pone con un certo grado di scetticismo circa l’utilizzo del Cromo come supplemento nei soggetti diabetici o con diminuita tolleranza al glucosio.  Questo studio (4) del 2015 conclude dicendo che la supplementazione di Cr con del lievito di birra potrebbe avere effetti marginali nell’abbassare i livelli di glucosio a digiuno nei pazienti con diabete di tipo 2 se comparati con un placebo mentre non mostra alcun vantaggio ad esempio sui livelli di emoglobina glicata. Questa review del 2014 (5) mostra come ci sia del razionale circa la supplementazione di Cr nel controllo glicemico in pazienti diabetici, in modo particolare con la forma picolinata del Cromo a dosaggi superiori i 200 microgrammi al giorno, senza evidenze di effetti avversi se confrontati con un placebo. Lo studio mostra anche un miglioramento del profilo lipidico ( trigliceridi e HDL)

Di contro però questa review del 2013 (6) conclude con l’assenza di effetti positivi circa l’utilizzo del Cr per ciò che riguarda emoglobina glicata, BMI (indice di massa corporea) e profilo lipidico (colesterolo totale- HDL-LDL-trigliceridi e VLDL-C), cosi come questo studio del 2011 (7) che afferma come non ci siano apparenti miglioramenti nell’insulino resistenza o nel metabolismo del glucosio in pazienti a rischio di diabete di tipo 2 con una supplementazione di cromo. In ultimo questo studio del 2005 (8) pubblicato sull’American Diabetes  Association che riporta alcun vantaggio derivante dall’utilizzo di Cromo nel miglioramento della tolleranza al Glucosio, sensibilità all’insulina e profilo lipidico.

 

Come si nota, gli studi seppur presenti sono come sempre contradditori. Ad oggi riassumendo ciò che rimane certo è il ruolo biochimico del Cromo nel meccanismo di funzionamento dell’insulina anche se i dati sugli effetti biologici e i bisogni di tale elemento sono molto scarsi.

 

 

 

FONTI:

  1. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23095360
  2. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/12126463
  3. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14444068/
  4. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/25971249
  5. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/24635480
  6. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/23683609
  7. https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/20634174
  8. http://care.diabetesjournals.org/content/28/3/712.long
  9. “Le basi molecolari della nutrizione” Arienti

LA SINDROME DELL’INTESTINO IRRITABILE (IBS) E IL RUOLO DEL CIBO

La sindrome dell’intestino irritabile è un disturbo del tratto gastrointestinale associato a dolore addominale e alterazione dell’alveo intestinale.

La classificazione dell’IBS viene fatta sulla base della forma delle feci in

  • IBS con costipazione
  • IBS con diarrea
  • IBS misto

E un 4 tipo di IBS definibile come sottotipo.

Questa sindrome è estremamente presente nel mondo industrializzato occidentale e seppur con l’assenza di reali marker per l’identificazione, si stima che la prevalenza sia nell’ordine del 10-15%; Il che ne fa uno dei disturbi del tratto gastrointestinale più frequenti.

La patogenesi è ancora poco chiara ma alcuni fattori sono stati identificati come papabili protagonisti e responsabili nel determinare la sua presenza nell’uomo. Tra questi giocano un ruolo l’asse “ brain-gut” ovvero cervello-intestino, fattori psico-sociali, fattori genetici e un’alterata funzionalità della barriera intestinale con modifiche al microbiota.

In tutta questa incertezza, ciò che sembra invece assodato è che il cibo giochi un ruolo decisivo nell’IBS, tanto che circa un 60% di coloro che sono affetti da IBS lamentano peggioramento dei sintomi dopo un pasto in un tempo stimato tra i 15 minuti e le 3 ore. Questo porta i soggetti ad avviare una ricerca diretta all’identificazione di quei cibi “non tollerati”. Il 62% dei pazienti con IBS limita o esclude autonomamente cibi dalla loro dieta. Per questo, le raccomandazioni dietetiche date a coloro che sono affetti da FGIDs ovvero “functional gastrointestinal disorders , sono basate molto più sull’empirismo che su linee guida certe e approvate.

Il cibo è un melting pot di nutrienti, la cui ingestione attiva una complessa risposta da parte del tratto gastrointestinale. Questa complessità spiega come sia realmente difficile identificare un singolo cibo come responsabile della sintomatologia dell’IBS.

3 maccanismi sono stati proposti da Gibson per spiegare l’interazione cibo-IBS.

  • Via “immune activation” ovvero una ipersensibilità al cibo.
  • Via “direct action of bioactive molecole” ovvero la biochimica del cibo.
  • Via “luminal distension”

VIA “IMMUNE ACTIVATION”

Il termine “allergia al cibo” è usata tipicamente per descrivere una risposta avversa al cibo su base immune basata su meccanismi immunopatologici mediati o non mediati da IgE.

La tabella seguente mostra quelle che sono le reazioni tipiche delle allergie mediate da IgE.

 

ige

Come si nota,sono raramente effetti riportati da soggetti affetti da IBS. Possiamo quindi dire che sebbene la “food hypersensitivity” gioca un ruolo nella patogenesi dell’IBS il suo ruolo certo rimane assolutamente controverso.

Esiste, o meglio è stata proposta dopo osservazione relativa ad alcuni studi, una nicchia di reazioni appartenenti sempre alla categoria dell’ ipersensibilità al cibo definita come “FAT HYPERSENSITIVITY”. Alcuni soggetti affetti da IBS dopo ingestione di grassi riportano l’inizio di sintomi gastrointestinali anormali.

 

VIA “DIRECT ACTION OF BIOACTIVE MOLECOLE”

L’esempio classico che viene riportato per spiegare questa tipologia di meccanismo è relativo alla reazione ai salicilati. Queste sostanze, presenti in molti cibi a concentrazioni differenti, sono in grado di causare una abnorme produzione di leucotrieni, inibendo le ciclo ossigenasi in maniera molti più marcata nei soggetti affetti da IBS rispetto a quelli sani.

Le tipiche manifestazioni cliniche comprendono ovviamente sintomi gastrointestinali come dolore addominale, meteorismo, colite e diarrea.

 

VIA “LUMINAL DISTENSION”

L’attività della lattasi inizia fisiologicamente a diminuire dopo i primi mesi di vita nei mammiferi e negli umani circa il 70% degli adulti sperimenta un decremento di tale enzima. Che cosa accade dunque? Il lattosio non viene idrolizzato e assorbito nel piccolo intestino , ma passa cosi com’è nel colon dove i batteri fermentanti producono gas e acidi grassi a catena corta che producono sintomi simili a quelli dell’IBS. Ad ogni modo la presenza di questa intolleranza al lattosio è simile nei soggetti sani rispetto a quelli con IBS, tanto che questa sensazione di mal tolleranza non può essere usata come criterio per identificare una vera e propria “ intolleranza al lattosio”. Molto probabilmente quindi sono dei componenti specifici del latte a giocare un ruolo nell’IBS, piuttosto che un decremento della lattasi. L’unica via resta quella di limitare/eliminare prodotti lattiero caseari dalla dieta.

Altre sostanze in gradi di scatenare problematiche intestinali sono i cosi detti FODMAPs acronimo di “fermentable oligosaccarides, disaccharides, monosaccharides and polyols. Queste sostanze limitatamente assorbite e dotate di potere osmotico arrivano all’intestino, richiamano acqua e inducono produzione di gas grazie alla fermentazione operata dai microorganismi qui residenti. I sintomi al tratto gastrointestinali sono gli stessi visti fino ad ora nei pazienti con IBS. Ad oggi una dieta a basso contenuto di FODMAPs rimane una delle migliori strategie nella cura all’IBS. Per le prime 6-8 settimane si eliminano dal programma dietetico tutti i cibi sospetti di provocare sintomi al GI. A poco a poco si reintroducono alcuni cibi per testare la tolleranza individuale fino ad identificare quali cibi realmente siano i responsabili dei sintomi di malessere gastrointestinali. La diarrea osmotica risulta anche da un largo consumo di polialcoli come xylitolo, mannitolo, maltitolo, lactitolo e isomaltosio per cui esiste una certa quota individuale di tolleranza e sicurezza. Questi zuccheri sono usati in tutte quelle bevande dolci a basso contenuto calorico. Tipicamente infatti chi ne fa un largo uso sperimenta poi problemi al tratto gastro intestinale, gonfiore e diarrea.

Come poi non menzionare il glutine? La letteratura scientifica ha ipotizzato l’esistenza di un sottogruppo di individui affetti da IBS con una “ undiagnosed non celiac gluten sensitivity” i quali si crede rispondano bene dall’eliminazione del glutine dalla loro dieta. Da studi effettuati per sondare tale relazione però, si è visto come non ci siano evidenze circa il fatto che il glutine induca sintomi gastrointestinali nei soggetti non affetti da celiachia. Molto probabilmente la spiegazione risiede nel fatto che gli stessi alimenti che contengono il glutine sono altamente fermentabili, poco assorbibili e la produzione di acidi grassi a catena corta produrrebbe gli stessi sintomi dell’IBS.

Menzione particolare spetta poi al microbiota. Oggi sappiamo come la nutrizione possa realmente modificare l’ambiente batterico interno. Recentemente infatti è stato proposto un ruolo determinante del microbiota nell’eziopatogenesi dell’IBS.

CONCLUSIONI

Per concludere e riassumere quindi abbiamo visto come il cibo sia davvero in grado di avviare i meccanismo di innesco dell’IBS. Tutto ciò legato a 3 modi principali di agire:  ipersensibilità al cibo, presenza di molecole biologicamente attive nei cibi e distensione del lume intestinale. Oltre a questo come si sa ormai il microbiota gioca davvero un ruolo cruciale. Negli ultimi anni poi l’attenzione si è spostata ai cibi contenenti FODMAPs i quali potrebbero accentuare o addirittura provocare essi stessi la genesi di IBS.

Ciò che ancora manca in realtà è una terapia dal funzionamento certo per alleviare e curare in maniera definitiva i sintomi dell’IBS.

 

Fonti:

  • World J Gastroenterol 2014 July 21; 20(27): 8837-8845 ISSN 1007-9327 (print) ISSN 2219-2840
  • https://www.hindawi.com/journals/ijd/2016/5967907/